13 ottobre 2022 — Comunicato stampa

Rapporto del WWF: le popolazioni di animali si riducono del 69% in tutto il mondo

Il WWF avrebbe voluto scegliere un titolo diverso per questo comunicato stampa, ma il 14° «Living Planet Report 2022», pubblicato oggi, recita in modo drammatico: dal 1970 è scomparso in media il 69% di tutte le popolazioni monitorate di mammiferi, volatili, pesci e rettili. Le cause principali del declino globale delle popolazioni di animali selvatici sono la perdita di habitat, lo sfruttamento, l'inquinamento, la crisi climatica, le patologie e l'introduzione di specie invasive. Il WWF lancia un appello urgente ai governi, alle imprese e all'opinione pubblica: dobbiamo agire con misure vincolanti per fermare la distruzione della biodiversità.

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LPR
  • Il «Living Planet Report» mostra un declino medio del 69% delle popolazioni di animali selvatici in poco meno di 50 anni.
  • Le specie d'acqua dolce sono le più colpite dalla crisi delle specie, con un calo dell'83% di tutti gli stock esaminati.
  • L'hotspot geografico dell'estinzione delle specie è l'America meridionale e centrale, dove le popolazioni della fauna studiate si sono ridotte in modo particolarmente marcato del 94%.
  • Per l'attuale «Living Planet Report» il WWF e la Società zoologica di Londra hanno valutato più dati che mai: un totale di 32.000 popolazioni su 5.230 specie in tutto il mondo.

Citazione di Thomas Vellacott, CEO di WWF Svizzera:

«La nostra salute, la nostra economia, la nostra intera esistenza dipendono dalla natura. È come una torre, in cui ogni mattone rappresenta una specie animale o vegetale. Più mattoni si abbattono, ovvero più specie si estinguono, più si destabilizza il sistema. Il rapporto attuale indica che non c'è tempo da perdere nell’invertire la rotta a favore di un pianeta in cui valga la pena vivere, per i nostri figli».



È necessario un accordo simile a quello di Parigi

L'occasione per fermare l'estinzione delle specie è la Conferenza mondiale sulla conservazione della natura (COP 15) in programma a dicembre a Montreal. In quella sede verrà negoziato un nuovo accordo globale sulla conservazione della biodiversità, con l'obiettivo di fermare l'estinzione delle specie e la perdita degli ecosistemi entro il 2030. Il WWF conta sulla rappresentanza ufficiale della Svizzera per sostenere obiettivi ambiziosi a favore della nostra natura a Montreal.

Nel suo rapporto più importante, il WWF sostiene che maggiori sforzi per proteggere e ripristinare la natura, una produzione e un consumo di cibo più sostenibili nonché una rapida e radicale decarbonizzazione di tutti i comparti possono rallentare l'attuale tendenza. Gli autori ritengono che i decisori politici abbiano la responsabilità di trasformare l'economia in modo da conferire alle risorse naturali un valore adeguato.

Per la prima volta l'«effetto ping-pong» tra estinzione delle specie e crisi climatica ricopre un ruolo cruciale nel «Living Planet Report». Secondo il Consiglio mondiale della biodiversità (IPBES), nei prossimi decenni il riscaldamento globale costituirà la principale causa di estinzione delle specie. Per contro, la progressiva perdita di biodiversità alimenta ulteriormente la crisi climatica. Le foreste pluviali in fiamme, le specie in via di estinzione e le monocolture sempre più estese riducono la capacità di stoccaggio di carbonio degli ecosistemi. Il commento di Thomas Vellacott: «Continuando come finora, rischiamo di perdere il nostro migliore alleato nella lotta contro la crisi climatica: la natura».

Dovremo a breve eliminare la dicitura «Living» dal titolo del Living Planet Report?

Secondo il WWF, questa doppia crisi sta colpendo molti animali selvatici, come l'elefante africano di foresta, le cui popolazioni in alcune regioni sono già diminuite di oltre il 90%, con conseguenze fatali: in assenza di questi elefanti, la composizione della foresta cambia, facendo diminuire notevolmente la quantità di carbonio immagazzinabile. Al contempo, la crisi climatica rende più probabili periodi di siccità e sempre più incerto l'approvvigionamento idrico per gli elefanti.



Invertire la tendenza: si può

La crescita delle popolazioni di aquile di mare e di tigri, ad esempio, dimostra che la perdita della natura può essere fermata. Il commento di Thomas Vellacott: «Con più aree protette, un cambiamento nella gestione del territorio e un consumo più sostenibile, possiamo arrestare la perdita di biodiversità. Per questo, in seno alla Conferenza mondiale sulla natura la Svizzera deve adoperarsi a favore di un accordo che riduca in modo massiccio l'impronta ecologica delle nostre società, tuteli i nostri ecosistemi e garantisca sempre e comunque la partecipazione e i diritti delle comunità locali e delle popolazioni indigene».



Storie di successo

  • Tigre: aumento della popolazione del 91%, da 121 esemplari nel 2009 a 235 nel 2018 in Nepal; nel 2022 sono state contate 355 tigri.
  • Aquila di mare: aumento da una coppia nel 1945 a 57 nel 2010 nello Schleswig-Holstein
  • Foca grigia: aumento della popolazione del 139% tra il 2013 e il 2019 nel Mar Baltico
  • Gipeto (CH): Dalla reintroduzione nel 1991 con tre giovani uccelli, la popolazione di gipeti è aumentata fino a raggiungere oggi circa 250 esemplari in Svizzera.
  • Castoro (CH): Dall'ultimo censimento del 2008, la popolazione svizzera di castori è raddoppiata, raggiungendo circa 3500 individui.

Animali particolarmente a rischio

  • Gorilla di pianura occidentale: calo della popolazione del 69% tra il 2005 e il 2019 nel Parco Nazionale Nki in Camerun
  • Delfino delle Amazzoni: perdita del 67% tra il 1994 e il 2016 in Brasile
  • Le popolazioni di leone marino australiano sono diminuite del 64% tra il 1977 e il 2019.
  • Allodola: calo della popolazione del 56% tra il 1980 e il 2019 in Europa
  • Riccio (CH): Negli ultimi 25 anni, la popolazione di ricci in Svizzera è diminuita drasticamente: nella città di Zurigo, ad esempio, è passata da 1500 a 900 ricci, con un calo del 40%.
  • Lepre europea (CH): Dal 1990 al 2019, la densità di lepri in Svizzera è diminuita da ben 4,5 lepri/100 ha a 2,5 lepri/100 ha.
  • Gallo cedrone (CH): Tra il 1990 e il 2017 è scomparso il 35% della popolazione svizzera di galli cedroni.

Scarica il kit media: comprende report, video e immagini: https://we.tl/t-xXNbO3BxCs

Contatto: Susanna Petrone, portavoce WWF Svizzera, susanna.petrone@wwf.ch, 076 552 18 70



Il Living Planet Report (LPR)

Il Living Planet Report mostra i cambiamenti nella biodiversità globale. Lo studio è pubblicato dal WWF sin dal 1998 e dal 2000 ha cadenza biennale; l'attuale 14° pubblicazione è stata stilata dal WWF insieme alla Società zoologica di Londra (ZSL) e contiene il Living Planet Index (LPI), che registra lo stato e l’andamento della biodiversità presa in esame in tutto il mondo. Attualmente si basa sui dati di circa 32.000 popolazioni afferenti a circa 5.230 specie di vertebrati studiate a livello globale. In tal modo, fornisce una visione a campione dello stato delle circa 8 milioni di specie che popolano la Terra.

Il Living Planet Index (LPI)

​​​​​​​Il Living Planet Index (LPI) globale per il 2022 mostra un declino medio del 69% nelle popolazioni di vertebrati monitorate. La variazione percentuale dell'indice riflette il cambiamento proporzionale medio delle popolazioni animali monitorate in un periodo di 48 anni, e non il numero di singoli animali o di popolazioni perse. Il LPR 2022 è la 14° edizione della pubblicazione biennale del WWF.

Si noti che le diverse versioni del LPI non sono direttamente confrontabili poiché includono specie diverse. Si consideri inoltre che il valore di partenza del 1970 ha significati differenti per le diverse regioni studiate: in Europa e in Nord America, le specie e gli habitat erano già pregiudicati molti decenni prima di questo anno. Anche se il declino in tali regioni non è presumibilmente così grave, ciò non significa che la biodiversità in loco sia più intatta. Infatti, l'indice di integrità della biodiversità del rapporto ravvisa che l'Europa figura tra le regioni la cui biodiversità risulta essere meno intatta. Al contrario, le regioni tropicali nel 1970 partivano da una situazione di base più intatta, ma da allora hanno subito cambiamenti ecosistemici più rapidi. Il LPI è un indicatore di preallerta dello stato di natura. L'edizione di quest'anno analizza quasi 32.000 popolazioni, con oltre 838 nuove specie e poco più di 11.000 nuove popolazioni aggiunte dall'ultimo rapporto pubblicato nel 2020. Il rapporto fornisce la misura più completa di come le specie stiano rispondendo alle pressioni nel loro ambiente causate dalla perdita di biodiversità e dai cambiamenti climatici, e ci permette anche di capire l'impatto dell'uomo sulla biodiversità.